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Perché giocare a The Legend of Zelda su Nintendo Switch.

Conosciamo bene la fama di questa saga, ma è sempre bello ripercorrere le ragioni per cui Zelda è davvero un'esperienza unica nel suo genere.

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Il rapporto tra musica e videogiochi.

Il rapporto tra musica e videogiochi.

Ecco la versione testuale della ricerca che ho fatto per creare il video in sovraimpressione. Spero che apprezzerete il mio lavoro!

IL RAPPORTO TRA MUSICA E VIDEOGIOCHI.
L’argomento di cui sto per parlarvi non è stato trattato, se non in modo sommario e poco dettagliato, sul web. Le informazioni di questo video le ho reperite qua e là, tra blog e recensioni di videogiochi con una colonna sonora particolarmente varia ed interviste a grandi musicisti che si occupano di questo ambito.
La musica ha sempre fatto parte dei videogiochi, solo che molti di noi sottovalutano il suo ruolo che, anche se varia da gioco a gioco, da genere a genere, risulta fondamentale per immergersi nell’esperienza videoludica.

UN "TUFFO NEL PASSATO"
Ma prima di tutto diamo un’occhiata un po’ alla storia, allo sviluppo e ai metodi della musica dei videogiochi. Verso la fine degli anni settanta i videogiochi iniziarono a diventare una forma di intrattenimento sempre più popolare, e aziende come la Taito iniziarono a farsi un nome creando giochi per le macchine arcade - quelle presenti nelle sale giochi per intenderci -. Ed è proprio la Taito che sviluppò uno dei primi titoli ad avere un soundtrack ben studiato ed il primo in assoluto ad avere l’intro theme registrato su chip: infatti prima di Gun Fight (uscito nel 1975) le musiche e gli effetti dei videogiochi venivano registrati addirittura su vinili o musicassette!
Il gioco è molto semplice: sono presenti due cowboys disposti l’uno di fronte all’altro; l’obbiettivo sarà sparare all’avversario prima di essere colpiti. Per evitare i colpi potremo nasconderci su dei cactus che appariranno tra i due sfidanti.
Purtroppo non sono riuscito a reperire l’intro storico: il gioco, ovviamente, è quasi impossibile da reperire e i prezzi sono salatissimi, visto che ormai è un pezzo da museo. Potrete tuttavia godere di questo brevissimo gameplay, in cui si sentono gli effetti delle pistole e la musichetta che  viene riprodotta alla morte di uno dei due giocatori, che, tra l’altro, è ispirata alla sonata 2 di Chopin (la cosiddetta “marcia funebre”).
Ovviamente i temi di questa generazione videoludica erano tutti monofonici, ovvero registrati su un solo canale audio con sintetizzatori ed apparecchiature elettroniche; per arrivare all’impiego di strumenti musicali veri dovremo aspettare fino agli anni novanta!
Soundtrack degne di nota di questo periodo sono quella di Space Invaders (parliamo del 1978), che consiste in quattro semplici note, ripetute a loop con velocità crescente, quella di Carnival (uscito due anni dopo), che riprendeva la canzone “Over the Waves” di Juventino Rosas - un musicista messicano – oltre a contenere una grande varietà di effetti sonori e quella di Frogger (che debuttò nel 1981), che comprendeva più di undici brani diversi.
All’inizio degli anni ottanta furono sviluppati alcuni dei più famosi – e più belli – videogiochi di tutti i tempi, e le loro colonne sonore sono tra le musiche più conosciute al giorno d’oggi.
Koji Kondo scrisse i famosissimi spartiti di Super Mario Bros. e The Legend Of Zelda, Hirokazu Tanaka quelli di Metroid e Kid Icarus. Fanno parte dei “must listen” di quest’epoca anche le musiche di Pac-man, Final Fantasy e di Dragon Warrior, scritte rispettivamente da Nobuo Uematsu e da Koichi Sugiyama. Dalla fine degli anni ottanta iniziarono anche ad essere vendute singolarmente le soundtrack di alcuni titoli.
Intanto i sistemi di registrazione si erano evoluti, ed era stato introdotto il DAC, il convertitore di segnale analogico, insieme a nuove apparecchiature dotate di sintesi FM, prodotte dalla Yamaha.
Il primo videogioco a sfruttare questa nuova tecnologia, nel lontano 1980, era stato Rally X, ma con l’avvento del Sega Mega Drive nel 1988 numerosi titoli poterono godere di una colonna sonora più dettagliata e di qualità. Tra questi spicca Streets of Rage, picchiaduro del 1992 dalle musiche forti ed emozionanti, che riescono a dare il giusto ritmo ad un gameplay dinamico ed istintivo.
Con l’avvento della Playstation venne aggiunto un effetto ancora inedito: il riverbero, e furono composte altre famosissime melodie, come quella di Puzzle Bubble, quella di Final Fantasy VI e dei geniali Crash Bandicoot. Inoltre è in questo periodo che iniziarono ad essere utilizzati strumenti musicali veri e propri per registrare le soundtrack dei videogiochi. Da allora sono venute a crearsi orchestre e gruppi musicali per trasporre in spartiti le emozioni dei giochi più belli, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Verso la fine degli anni novanta la musica dei videogames divenne sempre più importante, tanto che fu creato un genere di giochi virtuali interamente basato su di essa: i videogiochi musicali, dove ritmo e note prendono il posto di mondi fantastici e di battaglie epiche. Questo genere fu introdotto da Dance Dance Revolution, pubblicato come videogioco arcade, ma proposto anche in una versione per Playstation nel 1998.

PERCHE' ESISTE LA MUSICA NEI VIDEOGIOCHI?
Alla fine di questo testo vi mostrerò dei videogiochi musicali veramente originali e degni di nota, ma per ora vorrei passare ad un altro argomento: qual è il ruolo della musica nei videogiochi? Ovvero, perché i nostri eroi preferiti combattono, esplorano e pensano sempre con un sottofondo musicale?
Beh, per capire l’importanza della musica in un videogioco basta giocarlo senza: dopo un po’ ci accorgeremo di un vuoto, e molto spesso ciò influirà nella nostra esperienza di gioco, rendendola sempre più monotona e noiosa. Questo perché la musica è un mezzo di comunicazione immediato, e nei videogiochi serve a coinvolgere e a trasmettere emozioni: il paesaggio di un videogame non è dato solo dalla grafica, ma anche dal tipo di musica con cui viene presentato: così le musiche di Skyrim ci danno l’idea di un mondo parallelo al nostro, vastissimo ed immerso nella leggenda, quelle di Dead Space evidenziano la nostra solitudine e ci danno un senso di claustrofobia ed ansia, quelle di Pokémon ci portano nel bel mezzo di una battaglia incalzante; quelle di alcuni titoli di Super Mario ci fanno addirittura capire il tempismo dei movimenti dei nemici!
Persino quei rumori di sottofondo dei giochi indie horror come Slender: the eight pages possono essere considerati una colonna sonora: senza di questi, infatti, l’esperienza sarebbe molto meno paurosa!
Ciò ci fa capire quindi che la musica videoludica non è un semplice sottofondo o, come viene chiamata tecnicamente, un soundtrack, bensì è parte integrante del videogioco. In fondo il videogioco non è altro che una nuova forma d’arte: serve per comunicare emozioni ed ideali, per raccontare storie e per far immergere chi ci gioca in un nuovo mondo, stimolandone la fantasia.

EXTRA - LE PROPOSTE
Passiamo ora al gran finale, già accennato in precedenza: vi mostrerò quattro videogiochi musicali – due retro e due moderni – che mi hanno colpito per la loro originalità e per la “filosofia musicale” che contengono.

Il primo titolo che voglio proporvi è PaRappa the rapper, gioco uscito nel 1996 – 1998 in Europa - su Playstation, prodotto dalla NanaOh-Sha company, alla quale era a capo Masaya Matsuura, leader della band progressive giapponese PSY S.
Facendo qualche ricerca ho scoperto che la grafica era a cura di Rodney Greenblat, artista astratto statunitense famoso per la sua abilità del “colpire” l’osservatore. Infatti, se esteticamente i disegni possono sembrarci poco curati e fin troppo semplici e scialbi, osservando più attentamente possiamo capire che i modelli cartonati sono stati eseguiti volutamente in un 2D “forzato”, che, in futuro, sarà d’ispirazione anche a titoloni come Super Paper Mario.

Ma passiamo alle cose importanti. In PaRappa the rapper dovremo rappare per aiutare il cagnolino (PaRappa appunto) a conquistare il cuore della sua Sunny Funny, e ad acquisire la fiducia del padre di lei Joe Chin. Per fare ciò, PaRappa dovrà imparare, da vari maestri, numerose arti, tra le quali il Kung Fu, la guida e l’arte culinaria. Il gameplay è molto semplice: dovremo premere dei tasti a tempo per “rappare” varie azioni, che possono essere un calcio, un salto, o un qualsiasi altro movimento. Un indicatore ci mostrerà il nostro livello di abilità, che dovrà essere “good” per superare i livello. Se finiremo la canzone in “awful” o “bad” dovremo ricominciare daccapo. Come avrete sicuramente visto dalle immagini è presente anche la scritta “cool”, livello che potremo raggiungere soltanto dopo aver completato la canzone almeno una volta. Una volta attivata, la scritta “cool” ci porterà in un’altra dimensione, dove potremo rappare in libertà per finire il livello.

PaRappa the rapper è il primo videogioco musicale pensato appositamente per console, e, anche se il gameplay ci potrà sembrare banale, rappresenta il nucleo di tutti i titoli del genere.  Inoltre vanta di una colonna sonora davvero eccellente, e i vari effetti delle nostre azioni sono veramente ben fatti.

Tre anni dopo PaRappa è uscito un altro capolavoro del genere, che è stato esposto addirittura al Museum of Modern Art di New York nel 2012: Vib-Ribbon. Il suddetto gioco, partito sempre da un’idea di Masaya Matsuura, eredita le meccaniche di PaRappa, ma sconvolge la grafica e le musiche: la prima è psichedelica, basata su “fili” che compongono la nostra protagonista – una coniglietta chiamata Vibri – e gli ostacoli che dovremo superare premendo tasti a ritmo. A seconda dell’ostacolo Vibri si trasformerà per aggirarlo.
Le musiche del titolo sono completamente originali ed orecchiabili; molte però sono in giapponese, e se non vi piace l’accento nipponico potrà darvi fastidio. 

Ma la vera novità di Vin-Ribbon sta nel fatto che è possibile giocare con la propria musica: infatti, inserendo un CD musicale nella nostra console dopo aver selezionato la modalità adeguata, Vin-Ribbon creerà in tempo reale un livello per ogni traccia. Potremo quindi rilassarci con un CD pop, o premere forsennatamente i tasti del nostro joystick con uno metal.

Gli ultimi giochi che voglio consigliarvi sono in un certo senso opposti tra di loro: parliamo di Audiosurf e Proteus: infatti, mentre il primo crea i livelli in base alla musica da noi selezionata, il secondo mescolerà la sua colonna sonora a seconda del luogo in cui ci troveremo. Ma analizziamoli un po’ più dettagliatamente.

Audiosurf nasce nel 2008 da un’idea di Dylan Fitterer. Il gameplay di questo gioco è molto semplice ed intuitivo: infatti, dopo aver selezionato la nostra canzone preferita, ci ritroveremo immersi in una lunghissima autostrada, piena di note di colori diversi, che dovremo collezionare su tre file separate. I punti verranno segnati una volta completata una linea orizzontale di note dello stesso colore: le note grigie serviranno solo ad intralciarci il cammino, riempiendo inutilmente il nostro contenitore che, se saturo, esploderà, determinando un re-spawn. Le modalità di gioco sono numerosissime e variano a differenza delle difficoltà (Casual, Pro, Elite), ma l’idea di fondo è sempre la stessa: far divertire il giocatore sfruttando i ritmi delle sue canzoni preferite.

L’approccio di Proteus (pubblicato nel 2013 sul pc e sulle console sony) è completamente diverso. Infatti il gameplay ed il soundtrack dipenderanno completamente dalle nostre azioni: a seconda di dove andremo e di cosa faremo la musica e gli effetti varieranno.

Proteus non ha una storia; rappresenta il susseguirsi ciclico delle stagioni, paragonabile al corso della vita.
Appena cliccheremo il tasto “play” ci ritroveremo immediatamente in un’isola, programmata con grafica in stile Minecraft, senza textures o qualsiasi tipo di dettaglio: ciò che ci ritroveremo intorno sarà una marea di pixel, ordinati per rappresentare flora e fauna del paesaggio, ma soffermarsi sull’estetica, se è già un grave errore nei giochi più dettagliati, lo è ancora di più in un indie che tutto vuole trasmettere tranne la perfezione grafica.

Detto ciò, iniziamo a parlare dei suoni: ci sarà una soundtrack di base in ogni stagione, ma potrà variare a seconda del tempo e del luogo in cui ci troveremo: sulla cima di una montagna sarà calma e misteriosa, mentre tra gli alberi primaverili in fiore verremo coinvolti in un’esplosione di note. Altri fattori che influenzeranno la musica saranno gli animali ed alcune piante presenti nel gioco: mostriciattoli che suoneranno saltando via da noi, funghi che balleranno letteralmente in lontananza ed altri esseri varieranno la musica del gioco, rendendo la nostra esplorazione piacevole e dinamica.

Proteus non può essere valutato secondo i canoni dei videogiochi normali: è un’opera d’arte interattiva, e non prevede uno svolgimento che determina le azioni del giocatore: infatti saremo noi a scegliere in che stagione stare – potremo cambiarla di notte entrando in un cerchio di lucciole – e, di conseguenza, quali suoni sentire: la soundtrack stessa dipenderà da noi. Questi particolari rendono Proteus un videogioco indie più unico che raro, sperimentale al massimo ed originalissimo. E’ ovvio che consiglio a tutti voi di immergervi nel suo mondo.

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